2×1 ECCO IL DOPPIO RITOCCO

Seno piccolo e parte inferiore del corpo (cosce, glutei, fianchi e addome) decisamente abbondanti. Inutile negare: il cliché moderno del fisico mozzafiato non corrisponde proprio a questa descrizione. Chi vuole passare dalla versione “A” a quella “B”, però, oggi può realizzare il suo sogno in modo naturale e addirittura conveniente (si fa per dire, ma tutto è relativo). «La lipostrutturazione bicompartimentale della mammella – spiega il professor Michele Zocchi, il chirurgo plastico di Torino che ha messo a punto tra i primi questa tecnica – permette di “ribaltare” la situazione descritta, utilizzando solo il grasso della paziente». E, inutile dire, non ricorrere all’impianto di protesi di silicone significa risparmiare sul loro acquisto». Se da una parte di aggiunge volume, poi, dall’altra se ne toglie, con un beneficio complessivo in termini di contorni corporei. «Per questo si tratta di “due interventi al prezzo di uno” – dice ancora Zocchi – senza che in alcun modo si tratti di sconti o saldi». Due parole che, come gli interventi di chirurgia plastica proposti sui siti di groupage, spesso mascherano le peggiori mancanze in termini di sicurezza, serietà e preparazione del chirurgo. No ai prezzi bassi a tutti i costi, quindi. Ma sì alle scelte intelligenti.

Il “super-grasso” si ottiene così
A seconda dei desideri della paziente e delle possibilità (un conto è avere un rotolino di grasso sulla pancia, altro è disporre di grandi depositi su glutei e cosce) si può trasferire in ogni mammella da circa 160 a circa 660 cc di grasso. Il come, però, fa la differenza. «L’autotrapianto di grasso non è certo una novità – riprende Zocchi -, visto che si tratta di una metodica con diversi decenni alle spalle». Anche grazie a quest’esperienza, si è arrivati a mettere a punto una metodica che garantisce una sopravvivenza molto maggiore di quanto trasferito. Il perché è presto detto: il tessuto adiposo è particolarmente “delicato”. Per questo, per non ucciderlo, deve essere manipolato il meno possibile e con grande riguardo. «Il grasso viene prelevato con microcannule dai punti in cui è naturalmente presente. Grazie a un apparecchio chiamato Lipokit si elimina la frazione oleosa del tessuto adiposo, ottenendo un gel denso, molto ricco di cellule staminali, che viene trasferito, rigorosamente a ciclo chiuso, nelle mammelle». Una specie di “super-grasso”, quindi, che attecchisce meglio e per questo riduce notevolmente la necessità di un ulteriore aumento. «Grazie alla lipocondensazione (così si chiama questo modo di processare il grasso, ndr) si esegue un secondo intervento solo nel 20% dei casi e solo quando la paziente desidera gli aumenti volumetrici più importanti». I risultati sono definitivi e stabili a 3-4 mesi dall’intervento.

Operazione trasferimento
Così “potenziato”, il grasso viene trasferito nelle mammelle. Spiega Zocchi: «Il grasso viene iniettato sia sotto la ghiandola mammaria, sia a livello molto più superficiale, subito sotto la cute del cosiddetto polo superiore, cioè nella parte della mammella che si trova sopra l’areola. È proprio questa, del resto, a risentire per prima del passare degli anni, perché tende a perdere volume e ad appiattirsi». Senza che necessariamente l’aumento sia di grande entità, la lipostrutturazione può quindi “fare scena”, proprio perché va a riempire la zona che si svuota maggiormente, nonché (pensiamo a un vestito scollato) quella più in vista.
Il prelievo provoca nelle sedi donatrici lividi e gonfiori di modesta entità che regrediscono spontaneamente in 10-15 giorni. Decisamente minore il trauma a livello delle mammelle. «Nulla a che vedere con quello causato dalla mastoplastica con protesi – dice ancora Zocchi – , intervento nel quale bisogna creare una “tasca” in cui alloggiare la protesi. La mastoplastica additiva lascia una cicatrice di diversi cm, dolore e indolenzimento per diversi giorni. La lipostrutturazione bicompartimentale della mammella un fastidio minimo e piccoli lividi».

La donna ideale
Non tutte le donne si possono sottoporre all’intervento di lipostrutturazione bicompartimentale della mammella. Per farlo, ovviamente, bisogna avere almeno un po’ di grasso localizzato, sennò… non c’è niente da trasferire. Un altro fattore importante è l’età. Infatti, i risultati migliori si hanno con pazienti relativamente giovani, non oltre i 45 anni, con ptosi mammaria (caduta) abbastanza modesta. «In presenza di tessuti più “caduti”, l’effetto non è altrettanto gradevole. In questi casi, meglio abbinare una piccola mastopessi alla mastoplastica additiva tradizionale».

Gli esami e i rischi
Prima di sottoporsi alla lipostrutturazione bicompartimentale della mammella è importante eseguire un’ecografia e una mammografia, per avere un quadro il più possibile chiaro e preciso delle caratteristiche dei tessuti in cui si va a trasferire il grasso. E gli stessi esami vanno ripetuti dopo, per valutare l’evoluzione di quanto trapiantato. Come avviene di solito? «Per la mia esperienza, le complicanze sono estremamente rare e totalmente transitorie. È il caso delle cosiddette pseudocisti, una sorta di reazione dei tessuti vicini che “isolano” il grasso trasferito, che regrediscono spontaneamente.

Quanto costa
La lipostrutturazione bicompartimentale della mammella costa circa 14.000 euro. L’intervento comprende l’eliminazione del grasso dai punti in cui è presente in eccesso e l’aumento del seno. Si esegue in anestesia generale, con una notte di ricovero in clinica (compresa nel prezzo).

PRO
* È una soluzione completamente naturale e, per questo, esclude completamente il rischio che il ritocco venga “scoperto”.

* Lascia cicatrici praticamente invisibili, in quanto il prelievo e il trasferimento avviene con cannule molto sottili.

* Non comporta ulteriori “tagliandi”, a differenza della mastoplastica additiva, in cui le protesi vanno controllate regolarmente e sostituite dopo un certo numero di anni.

CONTRO
* Non è una soluzione per tutte. Si possono sottoporre alla lipostrutturazione bicompartimentale solo le donne che hanno depositi di grasso in eccesso

* È un intervento lungo: la lipostrutturazione bicompartimentale mammaria richiede in media un tempo operatorio di 3 ore.

* Non sono possibili gli aumenti veramente notevoli che si ottengono con grandi protesi mammarie.

Protesi, le ragioni di chi dice no
La lipostrutturazione bicompartimentale della mammella è, innanzitutto, l’intervento scelto dalle donne che desiderano un seno più grande ma rifiutano l’idea delle protesi. Un target che esiste, ovviamente, ma che è sicuramente una minoranza, visto che la mastoplastica additiva è l’intervento più eseguito in Italia (dati ISAPS, Società internazionale di Chirurgia Plastica Estetica) e il secondo nel mondo (dati ASPS, American Society Plastic Surgeons). Senza alimentare le psicosi, non si possono non comprendere le posizioni di chi di “no” alle protesi, soprattutto a distanza relativamente ravvicinata dallo scandalo delle protesi PIP. Costruite dalla società francese Poly Implant Prothèse utilizzando un silicone di tipo industriale, non sufficientemente raffinato, queste protesi si sono rivelate in grado di “trasudare” più facilmente dalla membrana esterna. Dal 2001 al 2010, anno in cui il caso PIP è balzato agli onori della cronaca, questi dispositivi sono stati impiantati a 400.000 donne nel mondo.

Con la consulenza di Michele Zocchi, specialista in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica, professore a contratto presso le Università di Genova e Padova e coordinatore scientifico del Programma di Formazione Permanente della Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica, SICPRE

Articolo apparso su “Viversani E Belli” numero 11 del 2014

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